Come funziona l’assegno di mantenimento per i figli dopo il divorzio? A quanto ammonta e come si calcola? Lo scopriamo insieme in questa guida dedicata!
Entrambi i genitori sono obbligati dalla legge ad occuparsi del mantenimento della prole e ciò è sempre valido, anche in caso di separazione o di divorzio, anche se non c’è un vincolo come il matrimonio e si tratta di una convivenza.
Le modalità e l’importo dell’assegno di mantenimento dei figli vengono solitamente stabilite in sede di separazione, e quindi si tratta di un accordo che viene preso davanti a un Giudice, oppure quando una coppia che ha figli decide di regolamentare i rapporti personali e patrimoniali nei confronti del minore alla fine di una convivenza.
L’assegno di mantenimento per i figli deve essere corrisposto dal genitore non “affidatario”, solitamente sotto forma di un versamento mensile che serve a sostenere sia le spese ordinarie, sia quelle straordinarie.
Tuttavia, poiché spesso l’assegno di mantenimento ai figli può essere oneroso per il genitore non affidatario, questa questione è oggetto di liti e controversie e non sono poche le domande su questo argomento.
Come calcolare l’assegno di mantenimento dei figli
Sebbene la legge sia abbastanza chiara nel determinare l’importo relativo all’assegno per il mantenimento dei figli, non si tratta di una questione facile da affrontare.
Infatti, la normativa italiana prevede che entrambi i genitori debbano provvedere al mantenimento dei figli in base al proprio reddito.
Chi non è il genitore affidatario, però, una figura che è solitamente ricoperta dal padre, deve fare comunque la sua parte e corrispondere ogni mese una cifra che viene calcolata secondo alcuni parametri.
Nel determinare l’importo dell’assegno di mantenimento, il Giudice andrà a valutare quelle che sono le reali esigenze del figlio, il tenore di vita condotto dai coniugi prima della separazione, la disponibilità economica dei genitori e anche i compiti che ogni parte si assume nella gestione della prole.
Quando si parla di assegno di mantenimento, il calcolo viene effettuato anche basandosi sugli indici ISTAT, soprattutto se mancano parametri oggettivi o se le informazioni fornite dai genitori sulla loro situazione economica non sono attendibili. In questi casi, non è escluso l’intervento della Polizia Tributaria che potrà svolgere ulteriori verifiche.
Alle spese ordinarie, vanno aggiunte anche le spese extra, ovvero quelle per visite mediche, per la scuola e il tempo libero che normalmente, salvo diversi accordi, sono ripartite al 50% tra i coniugi.
Il non pagamento del mantenimento del mantenimento ai figli si potrebbe configurare come reato penale, la sua prescrizione è molto difficile e prima della condanna solitamente interviene sempre un esproprio delle proprietà e dei conti correnti per garantire l’assegno dato dal giudice ai figli.
Domande più frequenti sull’assegno di mantenimento per i figli
Ci sono molte domande che riguardano l’assegno di mantenimento dei figli che spesso, in assenza di conoscenze adeguate, non trovano risposta e possono generare ancora più dubbi e causare liti tra coniugi.
Riduzione dell’assegno di mantenimento, è possibile?
É bene sapere che non è possibile ottenere una riduzione dell’assegno di mantenimento ai figli, anche se questi siano per lunghi periodi a carico del genitore non collocatario, come ad esempio può avvenire durante le vacanze.
Questo perché, secondo anche quanto stabilito da due sentenze, rispettivamente Cass. 16351/2018 e Cass. 12308/2007, l’importo per l’assegno di mantenimento per i figli minori, anche se va versato mensilmente, non è da ritenersi un rimborso per le spese sostenute nel mese corrente, ma piuttosto come una rata per coprire tutti i costi relativi alla gestione dei figli calcolati su base annuale.
L’assegno di mantenimento dei figli fa reddito?
Un’altra domanda che spesso genera dubbi e confusione è se l’assegno di mantenimento che viene percepito da un coniuge, solitamente il genitore affidatario, contribuisce alla formazione del reddito: si tratta di contributi non soggetti a tassazione che quindi non sono valutati né ai fini della dichiarazione dei redditi, né nella dichiarazione ISEE.