Il reato di omissione atti di ufficio fa parte dei delitti contro la PA. Ma come funziona e cosa dice esattamente l’articolo 328 del Codice penale? Lo scopriamo in questa guida!
L’ordinamento giuridico italiano prevede il reato di omissione d’atti d’ufficio e di rifiuto degli atti d’ufficio urgenti disciplinati dai primi due commi dell’art.328 Codice penale.
Si tratta di delitti contro la pubblica amministrazione che fanno parte dei reati propri e, quindi, possono essere commessi esclusivamente da alcune categorie d’individui, come un pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio.
Secondo l’art 357 c.p., in questa categoria rientrano coloro che svolgono una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa.
Cosa dice l’art 328 Codice penale
L’art.328 c.p., al primo comma, definisce il rifiuto d’atti d’ufficio, mentre il secondo comma stabilisce l’omissione di atti d’ufficio e le relative sanzioni.
Questo reato si configura quando un soggetto in qualità di pubblico ufficiale, o come incaricato di un pubblico servizio, non adempia agli obblighi previsti del proprio ufficio, non fornendo una giustificazione che ne possa motivare il comportamento.
Infatti, per varie ragioni, come quelle relative alla giustizia, all’ordine o sicurezza pubblica o alla sanità, ci sono atti che devono essere compiuti senza ritardo.
Il rifiuto d’atti d’ufficio è punibile con la reclusione da sei mesi fino a due anni.
Se il pubblico ufficiale non provvede a compiere l’atto entro trenta giorni dalla richiesta pervenuta da chi ne ha interesse e non motiva le ragioni del ritardo, si configura il reato di omissione d’atti d’ufficio.
Questo comportamento contra ius è punibile con la reclusione fino a un anno o con una multa che può arrivare a 1.032 euro. Ai fini della punibilità di tale condotta, è necessaria una formale richiesta scritta.
Quando si configura il reato?
L’omissione di atti d’ufficio, ad esempio, si configura quando un Ufficiale di Polizia non compie un ordine ricevuto da un suo superiore oppure quando, nonostante si è consapevoli di un pericolo, come quello che può riguardare un luogo o una struttura, il professionista addetto non prenda provvedimenti.
Il soggetto che viene chiamato in causa dalla normativa è il responsabile del procedimento amministrativo, ma se questo non è stato nominato, sarà il dirigente dell’unità amministrativa a essere ritenuto responsabile.
L’art. 328 c.p. ha come obiettivo quello di contrastare l’inerzia dei pubblici uffici, ovvero di far sì che le richieste effettuate dai cittadini o dalle pubbliche amministrazioni siano effettuate nei tempi previsti.
In questo modo si garantisce al cittadino di vedere ottemperata la richiesta nel momento in cui la svolge nei tempi che sono garantiti dalla legge, in base alla domanda effettuata.
Inoltre, grazie a questo reato si cerca di limitare anche il reato di concussione, che vede invece da parte del pubblico ufficiale la richiesta di qualcosa in cambio al fine di ottemperare alla domanda effettuata da parte del cittadino.
Diffida per omissione atti d’ufficio
Per far si che sussista l’omissione degli atti d’ufficio è necessaria che vi sia una diffida ad adempiere alla pubblica amministrazione. Si tratta, in pratica, di una documentazione specifica con la quale un privato sollecita l’ufficio e il suo responsabile a procedere con una pratica.
Solitamente, la diffida penale è una comunicazione scritta che viene inviata utilizzando una ricevuta di ritorno o tramite posta elettronica certificata. Con questa richiesta, il mittente informa il destinatario che se non verrà effettuata un’azione o se non si ha un determinato comportamento, si procederà per via legale.
La diffida alla pubblica amministrazione non ha efficacia diretta, ma evidenzia solo la volontà del soggetto a procedere legalmente se l’adempimento non viene compiuto nei tempi previsti da parte dell’ordinamento italiano.
I termini oltre i quali si può procedere contro il comportamento di omissione del pubblico ufficiale sono trenta giorni. Infatti, tale indicazione viene riportata dall’ex art. 2 L. 241/1990 (cd legge sul procedimento amministrativo) e stabilisce il limite per la conclusione del procedimento amministrativo.